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Ogm: il Tar del Lazio boccia il ricorso contro il divieto di coltivazione del mais in Italia
(24/04/2014)

Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso che era stato presentato contro il decreto interministeriale del 12 luglio 2013 adottato dal Ministro della Salute di concerto con il Ministro della Politiche Agricole Alimentari e Forestali e con il Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare recante "Adozione delle misure d'urgenza si sensi dell'art.54 del Regolamento CE n.178/2002 concernenti la coltivazione di varietà di mais geneticamente modificato MON 810".

Il Collegio del Tribunale amministrativo ha osservato che la dedotta censura della parte ricorrente si fonda su una valutazione incompleta della dinamica fattuale che ha giustificato l'adozione del contestato decreto.

- In particolare il Tar sottolinea come l'autorizzazione rilasciata nel 1998 a Monsanto dalla Commissione Europea, si basava su una normativa superata da quella attualmente in vigore. A distanza di 7 anni dalla data di presentazione dell'istanza di rinnovo di tale autorizzazione la Commissione europea non ha ancora preso nessuna decisione;

-  Inoltre il Tar sottolinea che l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) nel 2009 aveva dato parere positivo ma successivamente sia era pronunciata diversamente tenendo conto anche di altri aspetti del rischio ambientale;

-  Alla luce di ciò, notano i giudici, non c'è dubbio che il diffondersi di colture di MAIS transgenico sulla base di un'autorizzazione risalente nel tempo poteva rappresentare un situazione di concreto pericolo tale da giustificare l'adozione del suddetto decreto.
 

I giudici inoltre hanno stabilito che il decreto non vìola il principio comunitario di precauzione. Questo perché:
- Quando sussistono incertezze riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi. L'applicazione corretta del principio di precauzione presuppone, in primo luogo, l'individuazione delle conseguenze potenzialmente negative per la salute derivanti dall'uso della sostanza attiva in questione e il contestato decreto rispecchia in toto le condizioni previste per il principio in questione. Infatti sono state evidenziate le conseguenze negative per l'ambiente derivante dalla diffusione della coltura del mais MON 810 e tali conseguenze negative sono state prospettate dagli studi più recenti dell'EFSA;
 

- Secondo il Tar, inoltre, il decreto non ha vietato tout court la coltivazione del Mais geneticamente modificato, ma si è limitato a disporre una sorta di moratoria, peraltro circoscritta nel limite temporale massimo, sulla base del potere attribuito da una specifica disposizione comunitaria.
 

Infine, il Tar ha respinto anche la parte del ricorso con cui è stata prospettata la violazione dei principi comunitari del legittimo affidamento, della proporzionalità e di non discriminazione.

- Infatti nessun legittimo affidamento a coltivare il mais geneticamente modificato poteva ritenersi ingenerato in capo all'impresa ricorrente, attesa la non definita ed incerta situazione determinatasi in ordine al rinnovo dell'autorizzazione a suo tempo rilasciata alla Monsanto;
 

- Inoltre il decreto impugnato realizza un equo bilanciamento dei contrapposti interessi in quanto ha una durata massima temporale che in ogni caso può essere ulteriormente ridotta se la Commissione Europea non dovesse confermare la moratoria.
 

- Infine, a seguito dell'adozione del decreto, nessuna discriminazione è stata riscontrata a danno delle imprese italiane che intendono coltivare e commercializzare il mais in questione rispetto alle imprese estere che possono esportare senza alcuna restrizione nel mercato italiano tale prodotto, in quanto queste ultime non coltivando il mais nel territorio italiano non vengono a determinare i paventati rischi ambientali che hanno giustificato l'adozione del controverso decreto.
 

 
Ufficio Stampa

 
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