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3. Lo Scalone d'Onore

Dall'atrio si accede allo Scalone di rappresentanza, dalle eleganti linee settecentesche, progettato dal Cavagnari in armonia con lo stile dell'edificio. Lo scalone è illuminato da una vetrata policroma, frutto del lavoro del maestro di arti decorative Duilio Cambellotti e di un artigiano dalla consumata abilità tecnica, i quali apportano motivi decorativi innovativi ispirati alla campagna romana e riprodotti in stile liberty e con un virgiliano amore della natura.

Lo Scalone d'Onore

Dall'atrio si accede allo Scalone di rappresentanza, dalle eleganti linee settecentesche, progettato da Edoardo Cavagnari in armonia con lo stile dell'edificio. Lo scalone è illuminato dall'alto da una grande vetrata policroma, frutto del lavoro del maestro di arti decorative Duilio Cambellotti e di un artigiano dalla consumata abilità tecnica (Cesare Picchiarini). I due formarono un sodalizio artistico che li legò per più di un ventennio. Entrambi agli inizi degli anni Dieci promossero a Roma il rinnovamento di una tecnica artistica, quella della vetrata, da gran tempo scaduta e relegata a svolgere l'unica funzione del restauro degli antichi monumenti.

A Milano l'interesse per la vetrata d'arte si era risvegliato qualche anno prima, intorno al 1905, sulla scia del grande impulso che le arti decorative avevano ricevuto dall'Esposizione torinese del 1902. (...) Come già era avvenuto con prestigiosi risultati in Francia e in America, anche in Italia la vetrata usciva dalle chiese, si laicizzava per entrare nelle abitazioni, dove diventava veicolo di diffusione degli stilemi liberty. (...)

L'approdo all'artigianato era per Duilio Cambellotti naturale, considerata la sua formazione compiuta prima nella bottega del padre, scultore ed artigiano del legno, poi nelle scuole d'arte annesse al Museo artistico industriale. A cavallo del secolo la sua fisionomia è quella di un artista che si impegna su molti fronti: disegna lampade, cofanetti e vasi per varie officine italiane e straniere mentre collabora come illustratore a molti importanti fogli dell'epoca, da "Italia ride" al "Avanti!". In lui la causa modernista della riqualificazione dell'artigianato ritrova le sue più autentiche radici morrisiane, convinto com'è che l'esigenza di rendere trasmissibile la bellezza anche delle classi sociali meno abbienti sia prima che un programma estetico, un dovere morale.

Gli anni Dieci sono infatti per Cambellotti anche quelli del concreto impegno sociale di ispirazione populista a favore delle classi diseredate: insieme a Giovanni Cena, Alessandro Marcucci e Sibilla Aleramo partecipa alla fondazione delle Scuole per i contadini dell'Agro romano, e disegna sillabari; in occasione della Grande Esposizione del 1911 allestisce (insieme a Balla e Marcucci) quella Mostra dell'Agro romano che dietro il pretesto della ricognizione etnografica intendeva apertamente denunciare le condizioni di vita dei transumanti dell'Agro sfruttati dai grandi latifondisti.

La vetrata realizzata nel 1913 per lo scalone d'onore del Ministero dell'Agricoltura, sembra voler sfruttare tutte le possibilità decorative offerte dall'accostamento di molte vivaci tinte; che sono virtuosisticamente intrecciate in un disegno alquanto ricco e complesso dove si accostano elementi semplicemente intrecciati in un disegno alquanto ricco e complesso dove si accostano elementi semplicemente decorativi (come volute ed intrecci di nastri) ai simboli del lavoro agricolo (la grande corona di spighe, segnata ai quattro angoli dalle zappe) a motivi genericamente attinti dal repertorio liberty (i viluppi verdi dei serpenti).

Testi tratti da: "L'opera decorativa" di Daniela Fonti in "Il Palazzo dell'Agricoltura", Editalia, Roma, 1982

 
 

Il Salottino Cavour e i vasi in stile Capodimonte

Alla base dello scalone sono stati recentemente posizionati il salottino appartenuto al Conte Camillo Benso di Cavour (primo Ministro dell'Agricoltura del Regno di Sardegna dal 1850 al 1852) e realizzato nello stile più caro all'epoca ovvero mobili in papier mâché intarsiati in madreperla e finiti in lacca nera con sedie cosiddette chiavarine (inventate nel 1807 dall'ebanista di Chiavari Giuseppe Gaetano Descalzi).

Troneggiano inoltre ai lati del salottino, due vasi in stile Capodimonte realizzati ad inizio '900 (???) dall'antica Manifattura napoletana dei Fratelli Mollica fondata alla metà del 1800 nota per la sua produzione di porcellane sul genere Capodimonte utilizzando per prima la lavorazione detta a "fettuccia" e decori di fiori policromi a tutto tondo di sapore barocco.

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