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Comunicati stampa

Audizione Ministra Bellanova in Commissione Agricoltura Camera 

(22.09.2020)

Gentile Presidente, Onorevoli colleghi,

vi ringrazio per l'opportunità che mi viene offerta e che mi permette di illustrare sinteticamente il lavoro svolto nelle ultime settimane, finalizzato alla definizione delle priorità agricole del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e che ha impegnato l'intero Ministero, coadiuvato dalle strutture tecniche del CREA e dell'ISMEA.
Nel definire il contributo "agricolo" al PNRR, ci siamo attivati immediatamente dopo l'accordo raggiunto dal Vertice europeo del 21 luglio 2020, nella consapevolezza che il settore agricolo, pur disponendo di importanti risorse europee messe a disposizione dalla Politica agricola comune post 2020, possa e debba giocare un ruolo determinante anche all'interno del PNRR, proprio per il contributo che può offrire al rilancio economico del Paese e al processo di transizione verde e digitale dell'intera economia.
Più e più volte in questi mesi ho parlato di Filiera della vita, rimarcando l'enorme contributo garantito da questo straordinario segmento al Paese nei mesi della pandemia e sottolineando la evidente coincidenza tra strategicità del settore e interesse nazionale. 

In termini produttivi ed economici, e in termini di sovranità, qualità e sicurezza alimentare, garanzia degli approvvigionamenti, diritto al cibo, e al cibo di qualità, per tutti, tutela e salvaguardia del territorio, del paesaggio, di risorse naturali preziosissime non rinnovabili come suolo, acqua, aria.
La Strategia nazionale per il Sistema Agricolo, Agroalimentare, Forestale, della Pesca e dell'acquacoltura che passerò tra brevissimo ad illustrare nel dettaglio coglie per l'esattezza questi snodi e li dispiega.
Il nostro contributo al PNRR si declina dunque con un impianto strategico ancorato a tre parole chiave: visione, coraggio, scommessa, indicando una vera e propria policy per garantire al sistema agroalimentare nazionale quelle leve che lo possano sostenere nel riposizionamento evidenziando una semplice verità: futuro verde e agricoltura sono strettamente interconnessi. 
Se tutti noi siamo infatti fermamente impegnati a realizzare quel new green deal che l'Europa indica come condizione, destino e orizzonte, ebbene, non esito a dire che non potrà accadere nel nostro paese come in Europa senza il ruolo centrale, strategico, dell'agricoltura, della pesca, della filiera alimentare. 
I passaggi obbligati attraverso cui dare corpo e gambe alla strategia Farm to fork come alla Strategia per la biodiversità si radicano in questa premessa.

Per questo accanto alle parole chiave indicate precedentemente ne indico un'altra: rigenerazione. Che a mio avviso dovrà senz'altro caratterizzare l'impianto progettuale più complessivo ma di sicuro individua la nostra Strategia. 

Rigenerazione del sistema agricolo e alimentare nel nostro paese attraverso il potenziamento delle imprese e delle filiere; la lotta al dissesto idrogeologico; la tutela delle risorse non rinnovabili; la tutela e la valorizzazione delle foreste; la tracciabilità e trasparenza sull'origine dei cibi; la promozione internazionale; la sostenibilità integrale e sicurezza nei controlli, la tutela del lavoro; la centralità che la nostra Strategia assegna alle aree interne.

Non a caso lego agricoltura e tutela delle risorse non rinnovabili, agricoltura e crisi climatica. Perché proprio su questi due sensibilissimi terreni l'agricoltura è parte della soluzione. All'appuntamento con la sfida epocale delle trasformazioni climatiche e del futuro verde, quella italiana si presenta con le carte più che in regola. 

Nessuno sviluppo sostenibile si può dunque immaginare senza garantire al settore la centralità, adeguatamente sostenuta, che merita e ad agricoltori, allevatori e pescatori la giusta tutela del reddito. 

L'Italia, se fa sue queste premesse, può giocare da protagonista la partita del Green deal europeo, esserne uno dei veri motori di proposte.
Ecco perché diciamo che il PNRR dovrà avere, assolutamente, un cuore agricolo.
Il che obbliga automaticamente tutti noi, ovvero il sistema-paese che siamo occupati a indicare nel Piano nazionale di rilancio e resilienza, a scommettere sull'ammodernamento dei sistemi di produzione di questo settore come delle reti logistiche, sul sistema della qualità territoriale che non può prescindere dall'agricoltura e dalla tutela e valorizzazione della biodiversità come dal contrasto al dissesto idrogeologico o da una nuova vita per le aree interne anche in termini di  infrastrutturazione materiale e immateriale.

Dunque, un'agricoltura che diviene paradigma di un modello di sviluppo e una strategia fortemente coerente proprio con quelle premesse che l'Europa pone a fondamento dell'utilizzo delle risorse del Ricovery Fund.

Nel definire i progetti strategici per il settore, tenuto conto delle indicazioni della Commissione europea, ho chiesto agli uffici di lavorare tenendo sempre presenti sei priorità:

1. Proposte in grado di intercettare gli obiettivi strategici contenuti nei diversi documenti di indirizzo e programmazione elaborati dalla Commissione europea, come il "Green deal", "Farm to Fork", "Biodiversità" e le proposte di riforma della PAC post 2020, caratterizzate dal cosiddetto "New delivery model";

2. Proposte complementari e sinergiche a quelle che saranno inserite dalle Regioni nell'ambito dei futuri Programmi di sviluppo rurale;

3. Proposte che non potranno essere inserite nei futuri Programmi di sviluppo rurale, in quanto di rilevanza nazionale o sovra regionale o perché difficilmente finanziabili, se non in tempi lunghissimi;

4. Proposte in grado di affrontare e risolvere carenze strutturali storiche e di imprimere un impulso decisivo allo sviluppo economico del settore;

5. Proposte concrete ed innovative in grado di essere realizzate in tempi compatibili con quelli strettissimi che saranno imposti dalle regole comunitarie;

6. Proposte in grado di incidere in maniera permanente sull'economia e sull'occupazione dei settori a monte e a valle di ciascun investimento.

Sulla base di queste priorità, abbiamo elaborato un parco progetti, per un ammontare di circa 17 miliardi di euro. Altre proposte sono invece confluite nelle schede progettuali di cui sono capofila altri Ministeri, come quello sulla banda larga nelle aree rurali, capofila Mise, quello sul recupero dei borghi rurali, capofila Mibact, quello sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini, capofila Ministero dell'innovazione, quello sui progetti di osservazione della terra, Capofila Presidenza del Consiglio. Una trasversalità e una connessione non casuali, perché l'interconnessione tra i quadri di conoscenza e tra i relativi programmi è condizione essenziale della bontà e realizzabilità del Piano più complessivamente intenso.

Per questo diciamo che quello che importa in questa sede, al di là dei singoli progetti su siamo ancora impegnati, è la complessiva visione strategica declinata in tre grandi macro-obiettivi:

-competitività del sistema alimentare

-produzione energetica da fonti rinnovabili e al tempo stesso riduzione delle emissioni e miglioramento della sostenibilità dei processi produttivi

-miglioramento della capacità di adattamento ai cambiamenti climatici e prevenzione del dissesto idrogeologico.

Passo adesso ad illustrare più diffusamente i macro-obiettivi.

Come ho detto, il primo ha come finalità il:

1. Miglioramento della competitività del settore agroalimentare

Qui i cluster di progetti includono i contratti di filiera del settore agricolo e della pesca. Si tratta di interventi sovra-regionali, volti al potenziamento delle relazioni verticali in filiere strategiche, che difficilmente potrebbero essere realizzati con i fondi regionalizzati dello sviluppo rurale. Il fabbisogno di intervento pubblico in questo ambito è emerso, recentemente, quando sono state attivate specifiche iniziative con il Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC), ricevendo un riscontro molto positivo in termini di qualità progettuale e richieste di finanziamento. 
Altri progetti in questo ambito riguardano le infrastrutture logistiche agroalimentari e della pesca, che mirano alla creazione e al rafforzamento di infrastrutture logistiche per favorire lo sviluppo del potenziale esportativo delle piccole e medie imprese agroalimentari italiane. Anche in questo caso, la natura sovra-regionale dell'iniziativa renderebbe assai complessa la realizzazione con i fondi dello sviluppo rurale. 
Quindi, rigenerazione dei sistemi produttivi, ad iniziare da quelli che possono permettere al nostro Paese di riconquistare una posizione leader a livello mondiale facendo leva sullo straordinario patrimonio di biodiversità che caratterizza il nostro Paese e deve divenire driver di futuro.
Ecco perché  una delle proposte progettuali inerisce gli impianti di molitura delle olive, prevedendo l'ammodernamento degli impianti di trasformazione, stoccaggio e confezionamento dell'olio extra vergine di oliva, con l'obiettivo di migliorare la sostenibilità del processo produttivo, la competitività della filiera e la qualità del prodotto finito, favorendo il riutilizzo di tutti i sottoprodotti del processo di lavorazione e la riduzione delle emissioni. 
Questa iniziativa, se fosse finanziata con i soli fondi dello sviluppo rurale, richiederebbe un tempo minimo di "rottamazione" di oltre 20 anni. Il settore dell'olio d'oliva ha invece bisogno di un intervento immediato, per recuperare anni di progressivo declino nella produzione di un prodotto così importante e caratteristico per la nostra cultura e per l'economia del Paese. L'intervento nella fase di trasformazione dovrà però essere accompagnato, in questo caso attraverso il nuovo Piano strategico della PAC, da misure specifiche di rinnovo e reimpianto degli uliveti.
In questo quadro rientra anche la proposta destinata alla meccanizzazione in agricoltura. Per promuovere un'accelerazione della transizione verde e digitale anche nel settore primario, con particolare riferimento alla meccanizzazione agricola ed alle più moderne tecnologie in materia di agricoltura di precisione, digitalizzazione, interconnessione, miglioramento delle prestazioni, riduzione dei consumi e delle emissioni, maggiore sicurezza sul lavoro per gli operatori, con conseguente riduzione degli infortuni, miglioramento della produttività e della sostenibilità alimentari.

Il secondo macro-obiettivi riguarda:

2. Incremento di energia prodotta da fonti rinnovabili, riduzione delle emissioni, miglioramento della sostenibilità dei processi produttivi

In questo ambito i progetti riguardano lo sviluppo del biometano, attraverso la riconversione e il potenziamento degli impianti di digestione anaerobica agricoli. Il progetto include la riconversione di impianti di biogas, la realizzazione di nuovi impianti per la produzione di biometano e la sostituzione di mezzi meccanici obsoleti e a bassa efficienza con mezzi alimentati a metano/biometano. Gli interventi consentirebbero di risolvere, sulla base dei criteri di promozione dell'economia circolare, anche diversi aspetti legati alla gestione delle deiezioni animali, in particolare nelle Zone Vulnerabili ai Nitrati.
L'altro progetto in questo contesto riguarda la realizzazione di un Parco AgriSolare, mettendo a valore i tetti degli edifici produttivi agricoli distribuiti su tutto il territorio nazionale e favorendo parallelamente il loro efficientamento energetico (es. coibentazione), anche nell'ottica del miglioramento del benessere animale. Dal punto di vista micro-economico, la realizzazione del Parco AgriSolare Italia consentirebbe di migliorare la competitività delle aziende agricole, riducendo i costi di approvvigionamento energetico, che complessivamente rappresentano oltre il 20% dei costi variabili; dal punto di vista macro-economico, il progetto contribuirebbe alla decarbonizzazione del sistema energetico del Paese.

Il terzo macro-obiettivo riguarda il:  

3. Miglioramento della capacità di adattamento ai cambiamenti climatici e prevenzione dal dissesto idrogeologico

In questo ambito, una proposta progettuale si basa sull'esperienza maturata con l'attuazione del primo Piano Invasi, coordinato dal MIT, con l'obiettivo di realizzare il Piano di azione nazionale per aumentare la resilienza dell'agroecosistema irriguo. La proposta mira ad integrare gli investimenti in corso e in programmazione ad opera di altri Ministeri sulle grandi reti di accumulo e distribuzione delle acque, con interventi di manutenzione sul reticolo minore di scolo e di efficientamento della gestione irrigua.
L'altro progetto riguarda, invece, la gestione forestale sostenibile, volto a sviluppare una filiera foresta-legno-energia attraverso l'incentivazione dell'utilizzo a cascata della materia prima "legno nazionale", con la creazione di reti di impresa forestali (che notoriamente non sono finanziabili con la PAC), a fianco dell'attività di rimboschimento e miglioramento dei boschi esistenti. 
A questi tre macro-obiettivi se ne aggiunge un quarto rivolto al rafforzamento della resilienza e vitalità dei territori rurali, a fronte del quale - come accennato poco fa - va letto il lavoro fatto con altri Ministeri sui borghi rurali e sulla banda larga in tutte le aree, comprese quelle a fallimento di mercato.
Questo, in sintesi è il quadro delle proposte progettuali presentate nel corso dei lavori avviati alla fine di luglio. 

In questa fase, inoltre, ho dato mandato agli uffici di avviare un lavoro di armonizzazione di alcune proposte con quelle di altri Ministeri. 

Mi riferisco, in particolare: 
- al coordinamento con il MIT e il MATTM su proposte volte ad aumentare la resilienza dell'agroecosistema irriguo agli eventi climatici estremi, quali dissesto e siccità;
- alla condivisione con il MISE della proposta volta alla realizzazione di impianti per la produzione di biometano; 
- allo sviluppo di sinergie con il MATTM sulla realizzazione di impianti fotovoltaici sui tetti delle strutture produttive agricole e zootecniche, sfruttando edifici esistenti (che verrebbero rinnovati) e senza causare consumo di suolo.

Nei prossimi giorni avvieremo le consultazioni con i diversi portatori di interesse ed affineremo le varie proposte, alla luce delle ulteriori linee guida della Commissione europea divulgate nella giornata di ieri.
Passo ora a evidenziare alcuni aspetti delle linee guida per la redazione del Piano.
Il documento sottoposto al parere del Parlamento deve essere necessariamente affinato, in quanto occorre garantire maggiore coerenza con le altre politiche che verranno decise nei prossimi mesi, in particolare attraverso i fondi strutturali, il futuro Fondo sviluppo e coesione ed il Piano nazionale di riforma che, come il PNRR, dovrà essere presentato alla Commissione europea.
Sui criteri di scelta permangono infatti alcuni dubbi di fondo, in particolare sul significato del principio generale di esclusione dei "progetti che possono essere finanziabili integralmente tramite altri fondi UE e QFP 2021 - 2027". 

In linea di principio, tutte le proposte del PNRR possono essere finanziate con fondi UE. 
A mio avviso, andrebbe precisato che sono da escludere i progetti che possono beneficiare di fondi UE, nella misura in cui questi sono già previsti da misure inserite in programmi nazionali.

Sui tempi di esecuzione è necessario essere molto più precisi. Nel PNRR non si possono inserire proposte non ben definite o con livelli di progettazione non adeguata. Il PNRR dovrà contenere solo proposte realizzabili in tempi certi.
Per quanto concerne le opere pubbliche, è necessario prevedere solo progetti almeno definitivi, con priorità agli esecutivi, vale a dire progetti che hanno ricevuto tutti i pareri previsti e sono pronti a partire, altrimenti il rischio di perdere risorse è altissimo.
Questo discorso vale soprattutto per i cosiddetti "progetti storici"! Non si può rischiare di perdere questi fondi.
Per quanto concerne il consumo di suolo, non mi accontenterei di un criterio che preveda un "basso consumo di suolo", in quanto difficilmente determinabile. Cosa vuol dire "basso", chi lo determina?
A mio avviso, gli investimenti del PNRR non devono prevedere ulteriore consumo di suolo. 

Tra i criteri di selezione, occorre sottolineare una priorità fondamentale che è stata aggiunta - su mia richiesta - nell'ultima versione delle linee guida!
Vale a dire progetti che, oltre ad essere allineati agli obiettivi europei, comportino investimenti in mezzi e tecnologie italiane, che sono gli unici in grado di incrementare il reddito e l'occupazione in modo duraturo, a vantaggio anche dei settori a monte e a valle di quello direttamente beneficiario dell'intervento.
E' chiaro, si tratta di un criterio non facilmente esplicitabile.
Faccio però un esempio, se scelgo di investire nel settore della meccanizzazione in agricoltura, per agevolare la transizione verde, sostenere l'agricoltura di precisione e migliorare la sostenibilità dei processi produttivi, so già che almeno l'85% della spesa andrà a beneficio dell'industria meccanica italiana.
In questo senso, a mio avviso, va interpretato l'obiettivo dell'impatto duraturo sul reddito e sull'occupazione!
Un discorso a parte va fatto sulle risorse disponibili e sulla interazione tra PNRR e risorse ordinarie.
La mia grande preoccupazione è dovuta al fatto che il sistema Paese non riesca a spendere i fondi disponibili nei tempi assegnati. Tra l'altro, non credo si possa contare su proroghe rispetto ai tempi previsti, tenuto conto dell'attenzione dedicata a questo capitolo dai Paesi cosiddetti "frugali", con i quali lo scontro al Vertice europeo del 21 luglio scorso è stato molto aspro.

Ritengo quindi necessario prevedere una programmazione delle risorse ordinarie dei prossimi anni in "overbooking" rispetto al PNRR, in modo da disporre di "progetti sponda", nel caso alcuni di quelli finanziati con il PNRR, per qualche ragione, non dovessero andare a buon fine.
Chiudo su due aspetti che ritengo altrettanto fondamentali.
Il rinnovamento della Pubblica Amministrazione, in termini di personale, competenze e strutture. Si tratta di un aspetto determinante, senza il quale non si può pensare di affrontare una programmazione di questa portata.
Da ultimo, la questione aree interne, che il documento sottoposto all'attenzione del Parlamento non affronta in modo organico.
La pandemia ha amplificato un problema che il Paese aveva già, evidenziato dalla incapacità di invertire il fenomeno dello spopolamento e dell'impoverimento delle aree interne, che prosegue inesorabilmente da oltre mezzo secolo.
L'occasione offerta dal Recovery non può essere sprecata. Quando si parla di sanità, educazione, trasporti, comunicazioni e servizi, dobbiamo pensare che la parte del Paese oggi più fragile può e deve poter offrire nuove opportunità di vita e di lavoro ai cittadini.
Non possiamo continuare a lamentarci delle calamità naturali e dei conseguenti fenomeni di dissesto idrogeologico che regolarmente colpiscono vaste aree del nostro Paese se, al momento di programmare investimenti strategici come quelli del Recovery, non facciamo altro che spingere i cittadini verso le aree più densamente popolate, perché quelle rurali non sono dotate dei più elementari servizi, come ospedali, infrastrutture viarie, scuole e connettività all'altezza delle sfide future.
L'agricoltura, attraverso i Programmi regionali di sviluppo rurale, farà sicuramente la sua parte. Penso, in particolare, a nuove possibilità imprenditoriali e di lavoro per giovani e donne, che proprio su questi territori potrebbero valorizzare moderne iniziative di sviluppo, modelli di impresa sostenibile nel settore agricolo e zootecnico, rispettosi dell'ambiente e basati sull'economia circolare e sulla bioeconomia.
Occorre però che questi obiettivi siano condivisi a livello generale, e in questo senso mi aspetto un segnale deciso dal Parlamento, altrimenti non è possibile creare alcuna condizione per lo sviluppo di questi territori.
Grazie




Ufficio Stampa

 
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